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18/10/2024Echo arte e comunicazione
 
Primo bilancio del progetto dell'Università di Pavia in occasione di un incontro con il team di monitoraggio
 
LIFE DRYLANDS, OBIETTIVI RAGGIUNTI SUPERATO L'ESAME DELLA COMMISSIONE EUROPEA
 
Aumentano negli habitat oggetto di intervento le specie di piante vascolari e di muschi, la popolazione di insetti e le interazioni delle piante con gli impollinatori.
 
PAVIA_ 18 ottobre 2024 _ Il progetto LIFE Drylands si avvia alla conclusione e presenta i primi risultati delle azioni di ripristino - o più precisamente “restauro” - delle zone aride a rischio tra Piemonte e Lombardia, in 8 siti Natura 2000, la rete ecologica europea che tutela gli habitat naturali a rischio.
Avviato nel 2019 e finanziato da Unione Europea e Fondazione Cariplo per un totale di 1,3 milioni di euro, è ideato e condotto dall'Università di Pavia (Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente) e attuato assieme a una rete di partner che comprende la Rete degli Orti Botanici della Lombardia, l'Università di Bologna, il Parco Lombardo della Valle del Ticino, l'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore e l'Ente di Gestione delle Aree Protette del Po piemontese.
Il 20 febbraio 2025 si terrà il convegno conclusivo con presentazione dei risultati.
Tra il 4 e l'11 ottobre, nel corso di una serie di incontri con il team di monitoraggio che ha il compito di verificare l'avanzamento del progetto, la coordinatrice scientifica del progetto prof. Silvia Assini ha illustrato le azioni intraprese e presentato i primi risultati, sia in aula sia sul campo.

“Abbiamo visitato i siti di intervento localizzati nelle ZSC (Zone Speciali di Conservazione) - spiega la prof.ssa Assini - Boschi della Fagiana (Pontevecchio di Magenta), Ansa di Castelnovate (Vizzola Ticino), Brughiera del Vigano (Golasecca), Lame del Sesia e Isolone di Oldenico (Greggio), Baraggia di Rovasenda (Lenta) e Valle del Ticino (Pombia). Il team di monitoraggio ha potuto verificare direttamente come gli interventi realizzati abbiano migliorato la struttura delle praterie e delle brughiere, da un lato riducendone notevolmente la componente arborea e dall'altro favorendo l'affermazione e la ricolonizzazione degli habitat restaurati da parte di alcune specie vegetali tipiche. Non è mancato poi un focus anche sui muschi e sui licheni, una componente che ha sorpreso il referente europeo”.

Per l'occasione, agli incontri ha partecipato anche Joseph Van Der Stegen, referente CINEA - European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency, l'agenzia della Commissione Europea che si occupa di attuare i programmi di finanziamento per la tutela dell'ambiente: “I siti che ho visitato sono habitat rari del Nord Italia che fanno parte della rete Natura 2000. Il progetto ha realizzato attività di ripristino (rimozione di alberi invasivi, sfalcio, inversione del suolo, messa a dimora di specie erbacee) che hanno dato notevoli risultati. Le specie vegetali e animali tipiche (come Salix rosmarinifolia, Gentiana pneumonanthe, Linaria pellisseriana, Orchis spp., farfalle e impollinatori) si stanno riprendendo, come dimostrano i risultati del monitoraggio. Il progetto ha intrapreso attività educative che mostrano la bellezza dell'area e che ho trovato molto creative”.

Cresce la biodiversità

Nelle zone aride oggetto delle azioni di restauro aumentano le specie di piante vascolari (da 273 a 321) e di muschi (da 14 a 19) tipici degli habitat; sorprendente, in particolare, la diffusione delle orchidee nella zona di Trecate, che sono passate da 62 a 297 in un solo anno tra il 2021 e il 2022.
In crescita inoltre il numero delle specie (da 50 a 55) e delle osservazioni delle farfalle (da 605 a 772), e anche il numero di individui di carabidi (coleotteri), che passano da 1096 a 2082. Le interazioni tra piante e impollinatori, infine, risultano più che raddoppiate, passando da 390 a 847.

Le Drylands (zone aride) sono poco note al grande pubblico: non adatte alle attività agricole, spesso sono abbandonate oppure, se tutelate, restano fuori dai canonici percorsi di trekking. Occorre quindi sensibilizzare il pubblico riguardo alla necessità di tutelarne la biodiversità.
Gli habitat oggetto degli interventi di restauro sono le brughiere (H4030), le praterie aride (H6210) e i corineforeti o dossi sabbiosi (H2330).
Si tratta di habitat fortemente degradati, sia per la perdita e la frammentazione dovute alle attività antropiche, sia per l'incuria e l'inquinamento, e molte delle specie vegetali e animali sono a rischio.
Un habitat impoverito è un rischio per il territorio, che diventa più vulnerabile a eventi estremi (quali per esempio bombe d'acqua, ondate di calore, inondazioni, diffusione di patogeni). È quindi fondamentale ripristinarlo, per evitare gravi rischi per la salute di piante, animali e anche dell'uomo.

Perché utilizziamo il termine “restauro”

Per riportare equilibrio in un habitat degradato e minacciato, migliorandone lo stato di conservazione, non basta preservare la biodiversità esistente, occorre accrescerla eliminando/contenendo le specie invasive e, se occorre, mettendo a dimora le specie native, in modo da riportare l'habitat alle condizioni ottimali; ecco perché si dice “restaurare l'habitat”.
Il termine restauro è infatti alla base della genesi del progetto LIFE Drylands (2019 - “Restauro delle praterie e delle brughiere xero-acidofile continentali in siti Natura 2000 del Piemonte e della Lombardia”). Dal giugno 2021, inoltre, le Nazioni Unite hanno dato avvio all'UN decade of Ecosystem Restoration. Nell'agosto del 2024, infine, è entrata in vigore la normativa comunitaria per il restauro della Natura (Nature Restoration Law), che mira a ripristinare almeno il 20% delle aree degradate terrestri e marine dell'UE entro il 2030.
Con l'inverno 2023, si sono concluse tutte le azioni di restauro degli habitat (sfalci delle erbacee, tagli delle specie legnose, rimaneggiamenti del substrato con le tecniche di sod-cutting e di top-soil inversion, messa a dimora delle specie erbacee tipiche degli habitat 2330, 4030 e 6210).
 

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