Aziende, enti privati, istituzioni e singoli individui: tutti si concentrano sul comunicare, ma quanti di noi si sono chiesti davvero cosa vogliamo dire? “Stare sui social” non solo non basta, ma può persino snaturarci in nome di qualche like in più. Tra algoritmi, SEO, sentiment e brand identity, abbiamo pensato a definire la nostra identità, i nostri valori, chi siamo e cosa abbiamo da dire? Oppure sottostiamo a leggi e diktat di una comunicazione vuota, urlata e stereotipata? È su questi temi che riflette il libro Come i social hanno ucciso la comunicazione (GueriniNext, in libreria dal 16 luglio), firmato dai due esperti di comunicazione Guido Bosticco e Giovanni Battista Magnoli Bocchi.
Il libro, in nove agili capitoli, smonta pezzo per pezzo i meccanismi di una comunicazione intossicata e inefficace, tutta fossilizzata sull'esserci, sulla smania di creare messaggi penetranti, di distinguersi e di emergere nel mare magnum della comunicazione social. Pensiamo di dominare la corrente ma ne siamo spesso trascinati. Pur di avere voce nelle piazze virtuali, aziende, politica e privati sono disposti a sgomitare, eccedere e snaturarsi, adattandosi a gusti, meme e mode del momento. Video di pochi secondi, copy brevi, messaggi urlati: il linguaggio social è sempre più uniformato e indistinguibile. Questo produce un cortocircuito che, di fatto, ha paralizzato la comunicazione. A ciò va poi aggiunta la potenza degli algoritmi che modificano la struttura e lo scenario degli scambi comunicativi.
Ma qual è la soluzione? Il saggio di Bosticco e Magnoli Bocchi individua la malattia e propone la cura: passare dal paradigma della comunicazione al paradigma dell'espressione. Guardarsi dentro e capire noi stessi, qual è il nostro messaggio e, in ultimo, la nostra identità. Che si tratti di un individuo, un'azienda o un partito, non si avrà comunicazione efficace senza un'espressione definita. Invece di spendere tempo e risorse per sottostare a regole imposte da giganti con i piedi di argilla, lavoriamo su di noi, su chi siamo e cosa abbiamo da dire. La nuova era dell'espressione è più vicina di quanto crediamo.
Ai due autori si affiancano altri quattro contributori (Elia Belli, Guido Mariani, Roberta Franceschetti, Arianna Girard) che indagano ambiti specifici del rapporto fra comunicazione e social: l'influenza degli algoritmi, i grandi fallimenti nella storia dei social, l'educazione e la relazione con gli adolescenti, la funzione delle imprese nel contesto comunicativo.