Il 4 dicembre 2016 gli italiani saranno invitati alle urne per esprimere voto favore o contrario alla riforma costituzionale promossa dal governo Renzi. Tale referendum non prevede un quorum: la consultazione risulterà valida indipendentemente dal numero di votanti. L'esito del giudizio popolare, che equivarrà all'approvazione o al rifiuto da parte degli elettori, sarà quanto mai fondamentale. «Non si tratta di un semplice passaggio referendario come altri nel passato - sostiene l'On. Mario Tassone - perché sapremo se la politica verrà "derubricata" definitivamente, qualora dovessero vincere i sì, oppure, con la prevalenza dei no, verranno tutelati i diritti e la libertà dei cittadini». Inoltre, la riforma va a toccare più di un terzo degli articoli della Costituzione italiana ed è la più estesa da quando la stessa Costituzione è entrata in vigore, nel 1948.
Il testo del quesito che sarà sottoposto al popolo italiano è stato criticato negativamente perché, oltre a essere ritenuto implicitamente favorevole al sì, si presenta lungo e complesso. La stessa difficoltà di comprensione è stata riscontrata nella stesura della riforma, secondo molti finalizzata unicamente alla concentrazione del potere nelle mani della maggioranza e in particolare del Presidente del Consiglio. Entrando nel merito, col superamento dei bicameralismo perfetto, la camera dei deputati diventa l'unico organo eletto dai cittadini a suffragio universale diretto e l'unica assemblea che può accordare la fiducia al governo e approvare le leggi. Il senato viene composto da 100 senatori anziché 315; i consigli regionali scelgono 95 senatori, nominando con metodo proporzionale 21 sindaci e 74 consiglieri regionali, e i restanti 5 sono eletti dal Presidente della Repubblica.
Tra i sostenitori del no, Lorenzo Annoni del partito CDU Milano che spiega le sue preoccupazioni: «È evidente che nell'accoppiata Italicum e riforma costituzionale si va nella direzione di uno spostamento dell'asse istituzionale a favore dell'esecutivo e non a garanzia del suffragio universale. Inoltre, con le modifiche ai rapporti tra stato e regioni delineati dal Titolo V, in particolare per le competenze legislative, e poi l'eliminazione del riferimento alle province, l'abolizione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel), le variazioni nella modalità di presentazione delle leggi d'iniziativa popolare e dei referendum abrogativi, vi sarà un rafforzamento del potere a danno delle autonomie». La ragione organizzativa di fondo per cui questa riforma costituzionale risulta fallimentare è, sempre secondo Annoni, che «non riduce i costi della politica in senso cognitivo e non semplifica nulla, bensì rischia di trasformare l'Italia in un paese autoritario, limitando il dibattito parlamentare e democratico con un Senato inutile e consegnando tutto il potere in mano ad una falsa maggioranza. Per tutte queste ragioni - conclude Lorenzo Annoni - il Nuovo CDU milanese invita tutti i propri sostenitori e simpatizzanti a recarsi alle urne il prossimo 4 dicembre per votare NO!».
CDU Milano Città
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