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POLITICA LOCALE Precedente  Successivo
 
04/04/2012Comune di Pioltello
 
 
LETTERA APERTA A TUTTE LE ORGANIZZAZIONI SOCIALI E ALLE FORZE POLITICHE
 
 
Martedì 20 marzo il sindaco di Pioltello ha ordinato lo sgombero del presidio dei lavoratori delle cooperative appartenenti al consorzio Safra, che da mesi sono in lotta contro le insostenibili condizioni di lavoro attuate nei magazzini Esselunga, in cui Safra è appaltatrice della movimentazione merci. La lotta, iniziata ai primi di novembre, è diretta in particolare contro il caporalato, il lavoro a chiamata, la violenza nel posto di lavoro. Una giusta e civile rivendicazione che è costata il licenziamento a 25 dipendenti: un atto chiaramente discriminatorio nei confronti dei 25 e intimidatorio verso tutti i loro colleghi. Siamo, tanto per capirci, in quell’ambito dell’applicazione dell’art. 18 che nessuna riforma osa modificare (e ci mancherebbe altro, ci sentiamo di aggiungere). I lavoratori, tutti immigrati, regolarmente censiti e in buona parte residenti a Pioltello, hanno condotto la loro protesta mostrando sempre grande senso di responsabilità, non creando disagi di alcun tipo alla popolazione e perseguendo la strada del dialogo verso i colleghi e verso i cittadini.. Nonostante ciò, non sono valse a nulla le richieste di ottenere un certo supporto dall’amministrazione comunale, come ad esempio gli elementari servizi igienici, per una lotta che si preannunciava da subito lunga e difficile. Nessuna risposta, solo atteggiamenti sprezzanti, minacce di sgombero e un vago paternalismo peloso. I lavoratori si sono però via via organizzati autonomamente, superando i rigori di un inverno terribile e riscuotendo la solidarietà di una parte crescente della popolazione locale, nonché la sensibilizzazione degli altri addetti delle cooperative. Fino alla recente prima sentenza del tribunale di Milano, che intima a Safra di reintegrare due lavoratori licenziati nel posto di lavoro, con le stesse mansioni e con la corresponsione degli stipendi ingiustamente trattenuti nel periodo dell’illegittimo licenziamento.
Anche di fronte alla sentenza del tribunale l’arroganza di Safra e di Esselunga non ha mostrato cedimenti e ai lavoratori reintegrati è stato impedito, con l’ausilio di un potente schieramento di poliziotti e carabinieri all’ingresso dello stabilimento, di rientrare al lavoro. Le hanno davvero tentate tutte per non ammettere una sconfitta che ormai appare evidente e inevitabile: sono persino arrivati al punto di mettere i lavoratori licenziati in cassa integrazione, dichiarando una crisi inesistente e quindi il falso. Questa è stata la grande trovata, con la quale speravano di aggirare una giusta e inevitabile sentenza! Di questo si vanta inopinatamente, in certo qual modo denunciando e autodenunciandosi, il sindaco di Pioltello che nell’ordinanza di sgombero segnala, tra le varie iniziative a suo dire finalizzate alla ricomposizione della vertenza, il raggiungimento di “un accordo per l’accesso alla cassa integrazione in deroga a sostegno dei lavoratori”. In pratica, una volta resisi conto di essersi cacciati in una situazione senza via d’uscita, mettono i lavoratori in cassa integrazione, addossando alla collettività il costo di una loro scelta illegittima e sgangherata.
Giustamente i lavoratori non hanno accettato questa soluzione, ritenendo che, oltre ad essere ipocrita, sarebbe malvista dai cittadini contribuenti, e hanno proseguito il presidio e la lotta con la stessa determinazione e senza lasciarsi intimidire. Il sindaco ha quindi emesso un’ordinanza ignobile, pretestuosa, falsa fin dalle motivazioni, ingiustificata e ingiustificabile,  imponendo lo sgombero immediato. Le motivazioni addotte dal sindaco gridano vendetta: associare la vicenda della Safra alle aziende in crisi significa solo creare confusione e gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica. Non c’è nessuna crisi, né in Safra né in Esselunga: la messa in cassa integrazione dei lavoratori è un imbroglio bell’e buono e chi si è dato da fare in questo senso andrebbe denunciato per peculato e danno erariale. Che poi alla base del provvedimento ci sia un cicaleccio tra un sindaco impresentabile e un prefetto accomodante, dove il sindaco chiede al prefetto di essere sollecitato, il prefetto sollecita e il sindaco dice di essere sollecitato, accresce solo il disgusto delle persone oneste. È da sottolineare che solo il comportamento responsabile dei lavoratori e di tutti i partecipanti al presidio ha evitato che si creassero tensioni e incidenti. Vi segnaliamo questa situazione perché riteniamo contenga molti elementi di riflessione, per la sinistra ma più in generale per una lettura della realtà che può dare alla politica una reale capacità di rappresentanza. Siamo infatti di fronte a lavoratori che, esasperati per le oppressive condizioni cui sono costretti a sottostare, sono stati capaci di un’azione di lotta e resistenza duratura, solidale e consapevole. Questi mesi hanno rappresentato per loro qualcosa di straordinario: non solo l’ingresso nel mondo sindacale, ma anche l’acquisizione di un pieno diritto di cittadinanza, la consapevolezza e l’affermazione di un nesso inscindibile tra doveri e diritti. Il fatto che siano tutti immigrati, appartenenti cioè a una “categoria” sociale ricattabile e ricattata (in virtù delle discutibili leggi in vigore nel nostro paese), accresce ancora di più il valore della loro azione. Chi ha sempre straparlato dei doveri degli immigrati, questa volta si è dimenticato che questi hanno anche dei diritti e che il suo dovere sarebbe di tutelarli. Sarebbe stato, anzi, un dovere civile di tutti noi, in quanto cittadini italiani, partecipi di una Costituzione che afferma il primato del lavoro e l’universalità dei diritti, senza distinzione di razza e di religione, dare il nostro contributo a questa lotta. Tanto più sarebbe toccato al comune, in quanto organo di governo di una collettività cui appartengono pienamente anche i lavoratori che sono scesi in lotta, dare sostegno e rilevanza civile e morale a questo episodio di resistenza che a buon diritto può definirsi epocale, per il contenuto e le conseguenze che avrà. La scelta dell’intimidazione e della violenza, oltreché l’ostilità dimostrata in tutti questi mesi verso i sacrifici dei lavoratori stessi, è l’ultimo episodio di cui si è reso protagonista il sindaco di Pioltello.
Non è infatti questo il primo atto discriminatorio messo in atto da costui. Circa un anno e mezzo fa, ha apposto i sigilli ad un centro culturale di ispirazione musulmana, arrivando anche in questo caso a sgomberare donne e bambini. E anche allora con motivazioni inesistenti, che sono state infatti totalmente ricusate dal Consiglio di Stato, il quale ha annullato l’ordinanza. Comportamenti da regime autoritario (e come altro definire questi atti di discriminazione religiosa, razziale e politica?), che si aggiungono ad altri che oggi sono oggetto di indagini della magistratura: dalla lottizzazione di una parco locale di interesse sovra comunale, con la concessione di ingenti volumetrie edificabili a personaggi indagati per truffa nei confronti di una banca portata sull’orlo del fallimento; alla sottoscrizione di un accordo di programma con Zunino e Grossi per bonifiche e edificazioni quando già i due erano abbondantemente indagati e addirittura sottoposti a misura cautelare. Non vogliamo accodarci a chi esprime giudizi sommari. Riteniamo però che le istituzioni politiche non debbano in alcun modo intrattenere rapporti con società private soggette ad inchieste giudiziarie.   E’ un codice etico che mai deve essere accantonato dalla politica e che infatti ha indotto i partiti del centro sinistra a bocciare con forza nei consigli provinciale e regionale i due provvedimenti citati. Tutto questo non ha impedito a questi stessi partiti, a livello locale, di rinnovare il loro sostegno a questo sindaco in occasione delle elezioni comunali dello scorso anno.  Ci chiediamo, VI CHIEDIAMO, se anche di fronte a questo ennesimo episodio, lo sgombero di un presidio di lavoratori in lotta per opporsi ad una palese discriminazione, può essere rinnovato questo sostegno.  Ci chiediamo, VI CHIEDIAMO,  se non sia giunto il momento di una chiara ed esplicita presa di posizione che sancisca una distanza da parole e atti del tutto opposti a quanto sostenuto dalle forze politiche e sindacali che nascono e si riconoscono nel mondo del lavoro. Non si capirebbe infatti una ben più profonda e incolmabile distanza: quella tra gli enunciati e i comportamenti conseguenti. Una distanza incomprensibile soprattutto per i cittadini. Non si può rilasciare su giornali e tv roboanti dichiarazioni a favore dell’uguaglianza e della legalità, e poi avere nelle istituzioni propri rappresentanti che fanno l’esatto contrario. Infine, VI CHIEDIAMO un confronto aperto e sereno per ricostruire le ragioni di una politica dalla parte dei lavoratori e dei ceti sociali che sentiamo la responsabilità di rappresentare. A Pioltello come nel resto del paese. Confronto a cui noi ci rendiamo disponibili nelle forme e nei tempi che più riterrete opportuni.

Il direttivo di Territorio e Società
 


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