Lo stalking è un tema tristemente attuale di cui si parla tanto ma si conosce ancora poco. Si è discusso proprio di questo il 14 dicembre alla Scuola Allievi Agenti della Polizia di Stato di Alessandria. Il ruolo delle forze dell’ordine nel contrastare lo stalking è, infatti, fondamentale: conoscere le dinamiche psicologiche del fenomeno aiuta a delineare una strategia d’azione che possa contenere la violenza piuttosto che inasprirla.
L’incontro ha fatto emergere importanti interrogativi riguardo alla tematica in oggetto, con particolare riferimento alla necessità di perfezionare l’articolo 612 bis. Presenti al convegno relatori di grande esperienza, quali il dott. Lattanzi (lo stalking: il lato oscuro delle relazioni interpersonali), la dott.sa Rombolà (le misure cautelari nei procedimenti per atti persecutori), il dott. D’Allio (lo stalking: dimensioni psicopatologiche e psichiatrico-forensi), l’avv. Lanzavecchia (la difesa dell’indagato – imputato accusato del reato di cui dell’art.612 bis c.p), il dott. Perugini (stalking: sensibilizzazione, prevenzione e contrasto) e la dott.sa Spriano (stalking: il ruolo del servizio sociale e l’esperienza territoriale del Cissaca).
Ad aprire il convegno, il presidente dell’Osservatorio Nazionale Stalking, Massimo Lattanzi, che ha presentato i risultati di un’interessante ricerca condotta dalla sua associazione secondo la quale il 20% degli italiani siano stati vittima di molestie insistenti. A fronte di questi dati, lo psicoterapeuta ha sottolineato come sia importante dedicare particolare attenzione anche agli autori del reato di stalking, in quanto non previsto dalla legge un percorso orientato al recupero psicologico dello stalker, il quale spesso perseguita la vittima in seguito ad un disagio insito in una patologia della relazione che lo rende particolarmente sensibile alle separazioni, impossibili da elaborare ed accettare. L’Osservatorio Nazionale Stalking ha istituito, a questo proposito, nel 2007, il Centro Presunti Autori, il cui obiettivo è quello di recuperare gli stalker con percorsi di psicoterapia mirati ad una presa di coscienza del problema e all’elaborazione di dolorosi vissuti personali non superati con un supporto specializzato coordinato da esperti. I persecutori risocializzati, ad oggi, sono 120: il 40% ha raggiunto un completo contenimento degli atti persecutori, nel 25% dei casi si è verificata una significativa diminuzione dell’attività vessatoria, della recidiva e la prevenzione degli agiti più gravi. Se la legge venisse integrata con strumenti preventivi come questo, l’incidenza dello stalking diminuirebbe drasticamente, in quanto spesso lo stalker è un soggetto recidivo e “impermeabile” alle denunce.
La matrice dello stalking viene ravvisata in un fenomeno chiamato Gaslighting (violenza psicologica): il Gaslighter (manipolatore) attua un’insieme di comportamenti subdoli al fine di confondere la vittima e farla sentire in colpa, facendole perdere progressivamente la fiducia in sé stessa e la propria autostima. Spesso, al culmine di questo processo manipolatorio, la vittima finisce per dubitare della propria sanità mentale, rimanendo soggiogata dalla personalità abusante del manipolatore. Quando la vittima riesce a “destarsi” dallo stato di persona manipolata e rivendica un’autonomia affettiva, inizia la fase evidente degli atti persecutori, una violenza ben più visibile (e dimostrabile) di quella subìta precedentemente, spesso senza sufficiente consapevolezza per accorgersene. La dottoressa Francesca Rombolà, avvocato, ha posto l’accento sull’importanza della tutela anticipata nel reato di stalking. Spesso lo stalker viene destinato agli arresti domiciliari in assenza di gravi indizi di colpevolezza (così come nei casi di pericolo di fuga o inquinamento delle prove), ma questo non sempre ha salvato la vita delle vittime, in quanto lo stalker è spesso recidivo e una denuncia potrebbe far esplodere la violenza fino all’omicidio. La decisione di quali siano le misure cautelari da applicare dipende dal pubblico ministero, e nei casi in cui ci siano lesioni o comportamento recidivo è necessario attuare urgenti accertamenti e tenere l’indagato momentaneamente all’oscuro della denuncia (almeno finché non sarà terminata la fase di verifica). Il vero problema dello stalker è che spesso si tratta un individuo incapace di rendersi conto della lesività dei suoi atti, tanto da considerare la denuncia e l’arresto una misura ingiusta, attuata ai suoi danni ad opera della vittima. Anche l’intervento della dottoressa Rombolà ha messo dunque l’accento sulla necessità, durante le misure cautelari e nel periodo successivo, di un supporto psicologico per la vittima e per l’autore di stalking. Il dott. Giorgio D’Allio, psichiatra, ha spiegato quali possano essere i disagi e i disturbi di una persona che attua persecuzione ai danni di un’altra e sono emersi dati molto importanti: lo stalker non è sempre un individuo disturbato psicologicamente, bensì, spesso, una persona ben inserita nella società e “insospettabile”; indubbia è invece una sua difficoltà nella gestione delle relazioni sentimentali. Ed è proprio su questo che bisogna lavorare. Certo è che lo stalker irriducibile spesso non ha piena capacità di volere (può essere inalterata la capacità di intendere) ma quello che sembra mancare nello stalker è la capacità di adattamento alle situazioni, così come quella di accettare l’allontanamento della persona idealizzata. In chiusura della sua relazione, lo psichiatra, sottolinea la differenza tra il corteggiamento e lo stalking, la comprensibile delusione di una persona abbandonata, dal delirio persecutorio di una persona che dipende affettivamente da un’altra. Il dott. Giuseppe Lanzavecchia, avvocato, ha illustrato alcuni casi di stalking spiegando come la norma, molto generica, possa essere utilizzata impropriamente nelle cause di separazione e divorzio (senza presenza di reali atti persecutori). Grazie agli esempi dell’avvocato si colgono diversi spunti di riflessione su come sia importante distinguere un autentico persecutore dal vicino di casa che inconsapevolmente suona il trombone causando un disagio psicologico ai condomini; il messaggio di questa relazione punta l’attenzione la necessità di rendere più precisa la norma (612 bis c.p.) a tutela delle sia delle vere vittime di stalking, sia degli innocenti “inconsapevoli” autori di molestia che niente hanno a che fare con uno stalker, come nel caso precedentemente illustrato. Interessante anche l’intervento del dott. Alessandro Perugini, dirigente alla questura di Alessandria che apre la sua relazione spiegando come il ruolo della polizia sia primario nell’accoglimento e nel supporto della persona che si presenta per sporgere denuncia: la polizia ha infatti il delicato compito di dare una risposta adeguata alle esigenze di tutela della persona offesa. Si sottolinea anche la trasversalità del fenomeno e la differenza di normative a livello europeo: in Italia è possibile avvalersi anche dell’importante strumento dell’ammonimento, che consentirebbe alla vittima di non avviare un processo penale, con tutte le conseguenze psicologiche che questo comporta. In seguito all’illustrazione di un caso specifico avvenuto ad Alessandria, anche il dott. Perugini insiste sulla necessità di lavorare sullo stalker per stroncare la recidiva, altissima nel caso di atti persecutori. Senza questa premessa, è impossibile prevenire gli atti violenti in cui spesso sfocia una persecuzione, e che lasciano anche gli agenti nell’impossibilità di porre fine alle vessazioni. A chiudere, l’intervento della dott.sa Cinzia Spriano, assistente sociale, in cui viene illustrato l’importante ruolo dei servizi sociali nel supporto alla vittima di stalking, indebolita e spaventata dalla violenza del persecutore, che spesso è un ex-marito o un conoscente. Le persone accolte ed aiutate sono tantissime e la dottoressa non manca di citare alcune delle frasi con cui le vittime descrivono l’angoscia persecutoria e la successiva redenzione in seguito al fondamentale supporto dei volontari del Cissaca (consorzio servizi sociali di Alessandria) che accompagna le donne in difficoltà in tutte le fasi della presa di consapevolezza del problema e della successiva denuncia. Un tratto comune è emerso da tutte le relazioni del convegno: la necessità di corroborare l’azione coercitiva e punitiva con una giustizia “riparativa”: le azioni moleste, violente, e lesive della libertà personale vanno infatti condannate con fermezza, ma è imprescindibile un recupero delle persone sotto il profilo psicologico, in quanto gran parte degli stalker presenta una struttura di personalità patologica, che non permette loro di elaborare e superare un abbandono. Un intervento preventivo (coinvolgendo le scuole, il personale docente e i genitori nel progetto informativo) – ma anche in medias res – assicurerebbe il contenimento degli agiti più gravi, dalle minacce all’omicidio, che caratterizzano le fasi finali e più atroci dello stalking, permettendo una risocializzazione dei presunti autori e un reinserimento nella società. Solo lavorando anche sullo stalker è davvero possibile liberare anche la vittima dall’incubo dello stalking.
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