I BellRays, ormai sulla scena dai primi anni ’90, sono nati in California dall’unione tra la vocalist Lisa Kekaula (che inizialmente si esibiva come cantante jazz) e il chitarrista Bob Vennum. Nel 1996 il batterista Ray Chin e il chitarrista Tony Fate si uniscono al gruppo, portando Bob Vennum a suonare il basso. Solo un paio di anni prima, ed esattamente nel 1994, la formazione embrionale dei BellRays decide di dar vita a una propria etichetta discografica, la Vital Gestures, che stampa la maggior parte del materiale prodotto dal gruppo. Esibendosi in lunghi tour che li ha portati in giro per i club di Los Angeles, fino ad approdare al prestigioso South By Southwest Festival nel 1999, i BellRays arrivano finalmente alla pubblicazione del primo album, Let It Blast. Ispirati dalla musica degli Stooges, MC5 e di James Brown danno alle stampe, nel 2001, Grand Fury, al quale segue la ristampa del loro primo vero esordio, In The Light Of The Sun, originariamente realizzato nel 1993.
I Bellrays però non sono l’ennesimo gruppo che tenta di fare il verso a nessuno con un rock bianco più o meno tirato, loro combinano le due anime di Detroit, quella più punk e underground delle band citate e quella più black della Motown. Rock duro e soul, punk e funk potrebbero sembrare una formula azzardata che va per estremi nel tentativo di fare colpo sull’ascoltatore, invece “Have a little faith” è un disco con una sola anima, molto scura.
Merito della voce di Lisa Kekaula che con le sue interpretazioni dà alla scaletta uno spirito davvero black. E merito di un gruppo di musicisti capaci di condensare influenze e intenzioni in un unico suono, vario ma coerente.
Nel maggio del 2002 nei negozi arriva MEET THE BELLRAYS, compilation rimasterizzata dei primi due dischi del gruppo, GRAND FURY e LET IT BLAST. la Poptones di Alan McGee ha deciso di riportare alla luce il meglio dei BellRays, le perle nascoste che in undici anni di carriera erano rimaste inviolate, o quasi, da un pubblico forse poco attento. “Meet the BellRays” unisce brani estratti dai primi due lavori del gruppo californiano, “Grand fury” e “Let it blast”, in modo perfetto: non fosse altro che i BellRays sono sempre stati coerenti nelle loro scelte formali, prediligendo la strumentazione classica di chitarra, basso, batteria e voce e dimenticandosi, nemmeno a dirlo, di ogni diabolico congegno moderno che gli studi di registrazione potrebbero offrire, oggi. La voce acida e imperante di Lisa lacera brani violenti come l’iniziale “Too many houses in here”, o la burlesca “They glued your head on upside down” da “Grand fury”, combinando l’abrasiva intensità del punk e la durezza dell’hard rock con passi più riflessivi, dove trovano posto il gospel e il soul che tanto profumano di Motown. Tutto ciò proviene certamente da qualche parte, ma la sorte vuole che quel luogo non esista più. O, verosimilmente, arriva in superficie dalle viscere e dall’anima di chi, questa musica, la cerca ogni giorno.
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