Milano, 9 maggio 2017 - L'Italia è il Paese dei balocchi. Le aspettative si riducono, si annullano. Lasciano il posto a delusione, disillusione, amarezza, rassegnazione, frustrazione, disperazione. Diventano morte, plateale. Questa è la storia di un “senza nome”, uno dei tanti che è approdato nella penisola e proveniva da una terra aspra, senza futuro. E un futuro neanche qui l'ha trovato. Ha preferito la morte.
Domenica 7 maggio, in tarda mattinata, un extracomunitario si è impiccato in via Ferrante Aporti, zona stazione centrale di Milano. Il suo corpo è stato ritrovato dalla polizia grazie alle segnalazioni giunte dai passanti. Essendo privo di documenti, la sua identificazione è avvenuta in un secondo momento attraverso il rilievo delle impronte digitali: trattasi di un 31enne originario del Mali. Giunto in Italia circa un anno e mezzo fa, aveva richiesto un regolare permesso di soggiorno per protezione internazionale, tuttavia non risulta che avesse indicato un luogo di dimora recente.
Questo tragico fatto è l'ultimo di una lunga serie di tristi episodi, che non si possono più ignorare.
«L'arrivo di un consistente flusso umano dalle più disparate località straniere - commenta Lorenzo Annoni - è mal gestito in fase di ingresso nel nostro Paese e, ad aggravare le condizioni di permanenza, si somma un insufficiente controllo organico del territorio». Per il portavoce del Nuovo CDU Milano, non sono i Comuni, già impegnati a fronteggiare i loro precari bilanci, a doversi sobbarcare anche i costi della gestione dei migranti. «Si propone invece, a livello statale, un sistematico controllo in fase di approdo, un continuo monitoraggio al fine di riuscire a rintracciare ogni individuo, e un piano straordinario di rimpatrio per coloro che si ritrovano a vivere in situazioni di degrado, ai margini della nostra società e senza alcun tipo di valida prospettiva per la loro vita futura qui da noi». Annoni, in ultimo, non dimentica di condividere la preghiera per l'anima del defunto recitata dal parroco di Greco, don Giuliano Savina, nella chiesa di Santa Maria Goretti, e in aggiunta a questo, sostiene che «da un punto di vista umano e cristiano non possiamo permetterci di fare altri danni, creando false illusioni. L'Italia non può offrire accoglienza senza misura e senza politiche adeguate».
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