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ARTE E CULTURA - CONFERENZE Precedente  Successivo
 
09/12/2022ufficiostampami
 
 
INTERVISTA A UGO PUGLISI DIRETTORE DE "I CORTI DEI FABBRI"
 
 


Lei nel 2015 ha creato i “Corti dei Fabbri”, con quali prospettive iniziò tale avventura?

Ha usato il termine giusto, “avventura”, perché effettivamente fu un salto nel buio… tutto ebbe inizio con l'intento di far conoscere a un più ampio bacino di utenza quello che all'epoca era il Cinema dei Fabbri, una sala stupenda, unica nel suo genere, una piccola perla gestita con tanto amore e passione da Isidoro Brizzi: insieme decidemmo di pubblicare il primo bando di concorso. Ricordo che solo dopo qualche settimana arrivarono un sacco di opere, così tante che oltre alla categoria dei giovani fui piacevolmente costretto a trovare altri fondi per aggiungere un'ulteriore categoria dedicata ai professionisti. Nonostante l'impegno e il successo riscontrato, dopo la seconda edizione della rassegna, Isidoro fu costretto a chiudere e conseguentemente l'evento si spostò al cinema Fellini, una delle sale dove lui andò a lavorare. Decisi di continuare per dare spazio in particolare alle opere dei registi emergenti: “I Corti dei Fabbri” è una vetrina utile a promuovere l'arte del cortometraggio in tutte le sue più diverse forme espressive, un'opportunità soprattutto per i giovani cineasti di far vedere ciò di cui sono capaci.


Qual è stata l'edizione che le ha dato più soddisfazione e perché?

Dopo il successo della prima edizione, meritatamente vinta da Giulio Fiore con il suo suggestivo “Fast Forward” e alla quale aveva partecipato in qualità di ospite l'attore Gianmaria Martini, sapevo che riconfermarsi sarebbe stato ancora più difficile. Quindi mi impegnai molto insieme alla mia compagna dell'epoca, Sara Cristaldi, sia per ottenere nuove risorse economiche tramite gli sponsor, sia per trovare nuovi contatti che potessero agevolare la crescita della rassegna dal punto di vista artistico e mediatico. Alla fine del 2015 tramite un'amica in comune, Alessia Ghersenti, conobbi Jason Chalmers, scenografo ed effettista speciale di grandi produzioni hollywoodiane, e tra noi nacque subito una bella amicizia. Quando gli proposi di essere ospite della seconda edizione de “I Corti dei Fabbri”, Jason accettò e così da Londra venne a Trieste e presenziò all'evento. Nel 2016 stava lavorando alla terza trilogia della saga di “Star Wars” e ricordo che sul quotidiano “Il Piccolo” vennero pubblicati due articoli su di lui uno dei quali, a cinque colonne, diede enorme risalto alla rassegna creando grande interesse: in quella occasione il Cinema dei Fabbri fu gremito, sentii l'entusiasmo del pubblico e di tutti i registi e attori partecipanti e per me fu motivo di grande orgoglio e soddisfazione.


Nel corso degli anni come ha visto evolversi l'arte del cortometraggio?

Rispetto al passato le nuove tecnologie hanno certamente reso la settima arte di più facile accesso a chiunque abbia voglia di realizzare un'opera filmica di qualsiasi genere. Ci sono registi che con budget piccolissimi, usando anche solo un cellulare e qualche faretto, riescono a realizzare lavori di grande pregio. Anche i software con cui è possibile modificare in postproduzione le immagini digitali hanno cambiato molto l'approccio a questo mondo, fornendo strumenti al cinema indipendente che prima erano appannaggio solo delle grandi produzioni. Tutto ciò ha dato una grande scossa al movimento del cinema “low budget” facendo crescere però anche la concorrenza: fondamentale per distinguersi trovare soggetti originali e curare nei minimi dettagli ogni fase della lavorazione al fine di fare breccia in chi poi andrà ad usufruire del prodotto finito. Visionando i cortometraggi iscritti a tutte le edizioni del festival ho notato che i giovani sono molto più fantasiosi nel proporre opere su tematiche sociali come discriminazione, bullismo, violenza e ambiente, mentre i professionisti curano di più l'aspetto tecnico, fotografia e recitazione in particolare.


Quella del 2022 è stata l'ottava edizione, in questi anni di attività qual è stato il più grande rammarico e quale è stata la più grande gioia?

Il più grande rammarico è stato sicuramente non aver potuto continuare a organizzare la rassegna al Cinema dei Fabbri. L'evento è stato lì concepito e sarebbe stato bello rimanere in quella splendida cornice a cui peraltro io sono molto affezionato poiché al suo interno ci girai uno dei miei corti, “Lo scorbutico che dorme”, a posteriori divenuto una sorta di documentario che racconta quanto affascinante fosse quella sala, quando ad amarla e a coccolarla ci pensava Isidoro. Per fortuna grazie alla famiglia Maggiola la manifestazione ha trovato ospitalità presso il cinema Fellini e ciò, oltre a dare continuità al progetto, ha permesso che lo stesso progressivamente potesse crescere. Gioie ne ho avute tante, senza dubbio poter conoscere numerosi registi e attori, con i quali in alcuni casi ho poi collaborato a mie produzioni, è stato un vero privilegio. Mi vengono in mente Paolo Massaria, Carlo Fracanzani, Luca Bertossi, Martina Gatto, Michela Cembran, Elisabetta Cancelli, Zita Fusco, Francesco Termini e tanti altri ancora.


Quali sono gli obiettivi per il futuro?

L'obiettivo principale è semplice: continuare a promuovere l'arte del cortometraggio, fornendo, specialmente ai cineasti emergenti, una valida occasione per dare visibilità ai loro elaborati. Ciò significa lavorare per mantenere ottimi rapporti con gli sponsor e coinvolgere altri appassionati interessati a investire il loro tempo per far evolvere la rassegna. A tal proposito, oltre ai miei collaboratori storici, Lorenzo Capriglia, Roberto Turcino e Davide Casali, a partire dall'anno scorso ho coinvolto dei giovani volenterosi ricchi di entusiasmo che con grande energia e competenza hanno dato e daranno il loro contributo, mi riferisco a Maria Musil, Ionel Ricatti, Gabriele Turco e Andrea di Biase. Il prossimo giugno sarà pubblicato il bando di concorso della nona edizione e a settembre al cinema Fellini si rinnoverà la magia de “I Corti dei Fabbri”.
 


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