L'esautorazione dei poteri di polizia giudiziaria impartita dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri al “Capitano Ultimo” non ha lasciato indifferente il referente cittadino di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale Francesco Attolini che ha sentito l'obbligo di scrivere una lettera al Colonnello Sergio De Caprio, Capitano ai tempi dell'arresto di Riina ed oggi Colonnello.
Ho sentito l'obbligo di non far mancare in modo semplice e lineare la mia solidarietà umana a un uomo che ha combattuto le giustizie e che non può fermarsi, un uomo che ha dato tanto per l'immagine dell'Italia sana e che oggi viene messo da parte “obbedendo ma non condividendo l'ordine” (queste le sue parole alla stampa).
Mi associo agli attestati di stima che stanno pervenendo pubblicamente in queste ore, partendo da Rita Dalla Chiesa che ha dichiarato: ”Lui è un simbolo. E i simboli non si toccano, lo difendo perché è stato ostacolato ed esautorato per invidia " arrivando all'altro famoso militare esautorato il Generale in congedo Umberto Rapetto (colui che ha individuato gli hacker del sistema informativo del Pentagono e della Nasa e che raccontava come catturare i pedofili nascosti in rete) che l'ha esortato dicendo:
”Continua a non abbassare lo sguardo dinanzi a chi non ha e non ha mai avuto il coraggio di guardarti negli occhi.Sono con te.”
Porto nel cuore il Colonnello De Caprio per 2 motivi: abbiamo indossato la stessa divisa (pur non conoscendoci personalmente) ma soprattutto il mio partito scelse di votarlo come Presidente della Repubblica Italiana alle scorse elezioni, quindi il Colonnello De Caprio è la nostra bandiera.
Ricordo una bellissima una bellissima ed emozionante intervista di Francesca Nardi del Giugno 2014 al Colonnello De Caprio nel quale lui diceva queste frasi che ora riporto:
“Io ho lottato per la libertà del nostro popolo Italiano. I Carabinieri e le persone che credono nella giustizia devono creare un esercito permanente che combatta una lotta permanente per la libertà, per la democrazia e che assicurino a tutti da mangiare e da vivere con dignità senza prevaricazione e sfruttamento, questa è la lotta oggi.”
“ce la faremo a migliorare l'Italia e ritrovarci perché siamo un grande popolo, perché abbiamo un grande cuore perché le donne e gli uomini del nostro Paese hanno un amore grande nel cuore”
Alla domanda “se lei tornasse indietro per un atto miracoloso cosa non farebbe?” lui risponde “farei di più, starei attaccato alla povera gente perché la povera gente è la mia gente, è la bandiera, è la mia patria e questa parola, patria e bandiera sono ancora un modo per dire amore e quindi una cosa preziosa e questa è la vita, aldilà dell'amore per un popolo, per una comunità, perché senò perché viviamo, per farsi un bel salotto a casa, comprarsi un vestitino carino, cosa rimane?niente”
Questa intervista di un quarto d'ora andrebbe proiettata in tutte le scuole superiori durante le ore di educazione civica per far conoscere un “piccolo soldato” (com'egli si definisce) che decise di chiamarsi Ultimo.
Mi auguro che l'assessore all'istruzione Claudio Fantinati voglia raccogliere questo mio invito perché alcuni nostri giovani scherzano sul funerale dei Casamonica e non conoscono la testimonianza di “Ultimo”, un carabiniere, un uomo che da 22 anni vive con un mefisto (un cappuccio nero) in testa e fino al 2013 non si poteva neanche intervistare.